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Il compenso dell’amministratore: limiti e diritti

5 Dicembre 2017Amministratore

Non si può più mettere in dubbio, dopo la riforma del 2012, che l’amministratore di condominio abbia diritto al compenso, anche in assenza di apposito albo e apposito tariffario.
Lo prevede espressamente l’art. 1129 c.c. Il quattordicesimo comma di questo articolo stabilisce espressamente che, quando accetta la nomina o al momento del suo rinnovo, l’amministratore deve specificare in maniera analitica l’importo dovutogli quale compenso per l’attività professionale che andrà a svolgere.
Se omette l’indicazione del compenso, la norma dispone addirittura che la nomina possa essere dichiarata nulla.
La legge parla di indicazione analitica, quindi deve essere suddiviso per voci o comunque essere chiaramente leggibile per singola attività. Così vi rientrano anche le spese e tutta l’attività svolta per convocare un’assemblea straordinaria e prenderne parte, naturalmente se indicate nel compenso
A volte, a posteriori si riscontra che il compenso indicato non è esaustivo, non avendo specificato una qualche attività che l’amministratore deve andare a effettuare. Questa, se non interviene l’assemblea ad approvarla, rimane fuori dal compenso spettante all’amminiatratore
Come affermato dalla Cass., sent. 3596/2003, la partecipazione all’assemblea rientra tra i compiti istituzionali di amministrazione. Essa rappresenta un’attività pienamente connessa con lo svolgimento delle funzioni amministrative e indispensabile per il loro compimento. Di conseguenza, salvo diversa deliberazione, non va retribuita a parte in aggiunta al compenso annuale stabilito. Nulla comunque vieta che venga indicata la relativa voce nel compenso e l’assemblea la accetti
Diverso è il caso delle attività di “straordinarietà qualificata”, ovverosia di quelle attività che esorbitano dallo svolgimento dei compiti istituzionali: per esempio seguire i lavori di manutenzione straordinaria di una parte del palazzo. Per essi, come precisato dai giudici di legittimità con Cass., sent., 10204/2010, va corrisposto un compenso aggiuntivo semprechè previsto. Se così non fosse, , anche qui, l’unica strada è l’approvazione assembleare di questo compenso extra
All’interno del compenso dell’amministratore si ha anche il rimborso delle spese che questi abbia sostenuto nell’interesse del condominio, supportate dalle relative pezze giustificative per l’approvazione a consuntivo. Tale credito si fonda sul contratto di mandato con rappresentanza, ex articolo 1720 del codice civile, e l’amministratore è tenuto a rendicontare le spese sostenute. Come precisato dalla Corte di cassazione con la sentenza numero 13878 del 9 giugno 2010, “l’obbligo di rendiconto può legittimamente dirsi adempiuto quando il mandatario abbia fornito la prova, attraverso i necessari documenti giustificativi, non soltanto della somma incassata e dell’entità e causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi di fatto funzionali all’individuazione e al vaglio delle modalità di esecuzione dell’incarico”.
Il diritto al compenso è per tutto il periodo di attività del mandatario dello stabile, sino alla revoca o alle sue dimissioni, salvo l’istituto della prorogatio imperii. Se la revoca interviene prima della data di cessazione del mandato, il compenso cessa di maturare dalla data della revoca. Se quest’ultima non fosse giustificata, l’amministratore potrebbe agire per risarcimento danno per la violazione delle sue aspettative a causa della revoca disposta dal condominio. Naturalmente non deve trattarsi di revoca per giusta causa. Nel caso di cessazione naturale dell’incarico o dimissioni dell’amministratore, quest’ultimo perde i propri poteri ove vi sia la simultanea nomina del nuovo amministratore. L’amministratore cessato dalla carica per scadenza naturale o per le dimissioni volontarie, mantiene i suoi poteri (è la prorogatio imperii) compresa la rappresentanza in giudizio fino alla nomina del nuovo sostituto (Cass 1987 n. 9501).
La giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ritiene che «l’amministratore di un condominio, anche dopo la cessazione della carica per scadenza del termine di cui all’articolo 1129 c.c. o per dimissioni, conserva ad interim i suoi poteri e può continuarli ad esercitare fino a che non sia stato sostituito da altro amministratore. Ma tale principio – nell’elaborazione giurisprudenziale, in che trova propriamente la sua genesi (in difetto di esplicita enunciazione normativa) – si giustifica in ragione di una presunzione di conformità, di una siffatta perpetuatio di poteri dell’ex amministratore, all’interesse ed alla volontà dei condomini» (così Cass. n. 1445/1993).
Si legga anche la seguente decisione: «in tema di condominio di edifici, l’istituto della ‘prorogatio imperii’ – che trova fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condomini e nell’interesse del condominio alla continuità dell’amministratore – è applicabile in ogni caso in cui il condominio rimanga privato dell’opera dell’amministratore, e pertanto non solo nei casi di scadenza del termine di cui all’art. 1129, secondo comma, c.c., o di dimissioni, ma anche nei casi di revoca o annullamento per illegittimità della relativa delibera di nomina». (Cass., sent., 1405/2007; Cass., sent., 18660/2012; Cass., sent., n. 14930/2013).
Come da sempre affermato dalla giurisprudenza con orientamento unanime, «… la ricognizione di debito richiede un atto di volizione, da parte dell’assemblea su un oggetto specifico posto all’esame dell’organo collegiale….”: il nuovo amministratore di un condominio, se non autorizzato dai partecipanti alla comunione, non ha il potere di approvare incassi e spese condominiali risultanti dai prospetti sintetici consegnatigli dal precedente amministratore e pertanto l’accettazione di tali documenti non costituisce prova idonea del debito nei confronti di quest’ultimo da parte dei condomini per l’importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili, spettando invece all’assemblea dei condomini approvare il conto consuntivo, onde confrontarlo con il preventivo ovvero valutare l’opportunità delle spese affrontate d’iniziativa dell’amministratore». (Cass. 8948/2012)
In generale, eventuali disavanzi di cassa o dichiarazioni di debiti e l’accettazione della documentazione da parte del nuovo amministratore condominiale non possono essere considerati come fatti dai quali evincere implicitamente il riconoscimento del debito da parte del condominio (Cass., sent., 10153 del 9 maggio 2011, Tribunale Bari, 12/11/2008,; Tribunale. Roma, 13/6/2005; Tribunale Milano, 23/6/2009, n. 8156). L’amministratore non può inserire, nel bilancio condominiale, una spesa non prevista, a titolo di compenso per se stesso, per via del fatto che ha svolto delle asserite “attività straordinarie” non contemplate nel compenso (Cass. sent. n. 22313 del 30.09.2013). Ogni eventuale costo supplementare deve comunque essere approvato dall’assemblea. La ripartizione della spesa del compenso viene fatta tra i condomini in ragione dei millesimi di proprietà, salvo diversa disposizione del regolamento dell’edificio, ove contrattuale
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